La storia delle Cantine San Marzano

Il Negroamaro e il Primitivo sono i vini più importanti delle Cantine San Marzano, marchio che ha visto la luce all’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso grazie all’associazione di una ventina di vignaioli. Con il trascorrere degli anni, la cooperativa è cresciuta in modo sempre più consistente, al punto che attualmente può vantare circa 1.200 viticoltori associati. Parlare di vino pugliese, oggi, vuol dire fare riferimento a San Marzano: i numeri parlano di una produzione di 3 milioni di bottiglie all’anno, per un totale di 600 ettari vitati. I due vitigni rossi regionali più conosciuti in tutta Italia rappresentano l’eccellenza di questa realtà vinicola, ma meritano di non essere sottovalutati i vini bianchi di spessore, i rosati e i passiti, con la variante eccellente del Primitivo Passito.

La politica produttiva finalizzata al conseguimento dei più elevati standard di qualità si coniuga con l’essenza della Puglia più profonda: quella di San Marzano di San Giuseppe, in provincia di Taranto. Il territorio è quello del Salento: non la costa meridionale, ovviamente, ma la parte settentrionale, dove il clima è ideale per la viticoltura. Le vecchie vigne ad alberello da sempre sono uno dei simboli di San Marzano, e oggi gli appassionati hanno a disposizione una grande varietà di opzioni tra cui scegliere, con uve autoctone che vengono rivisitate in virtù di un approccio moderno. Ecco, allora, Collezione Cinquanta Vino Rosso d’Italia e Sessantanni Primitivo di Manduria DOP, ma anche Tramari Rosé di Primitivo Salento IGP, Edda Bianco Salento IGP e F Negroamaro Salento IGP.

Sono tutte invitanti e preziose testimonianze di una eccezionale versatilità enologica, ma anche la dimostrazione del valore e del potenziale delle uve che vengono coltivate in questo lembo di terra compreso tra il Mar Adriatico e il Mar Ionio. La barricaia si caratterizza per 3.000 barriques di rovere caucasico, americano e francese; insieme con la linea di imbottigliamento moderna e con l’interrato riservato allo stoccaggio dei vini è uno dei segreti di un’azienda che esporta i propri vini in più di 70 Paesi in tutto il mondo. Non solo mercati comuni come la Svizzera e il Regno Unito, ma anche poco prevedibili, come il Giappone o il Vietnam. I vini San Marzano arrivano anche negli Stati Uniti.

Per chi, invece, preferisce acquistare vino comodamente da casa, può trovare le Cantine San Marzano su Bibentes.com: è sufficiente connettersi a Internet e iniziare ad esplorare il catalogo dell’enoteca online per iniziare un viaggio tra le bottiglie più seducenti della Puglia.

 

Diventa un vero Chef-fuoriclasse: ecco il migliore corso di formazione per chef

 

Molte persone credono di poter diventare chef da un giorno all’altro, semplicemente cucinando quanto più possibile tra le quattro mura domestiche, andando alla ricerca di ricette sempre nuove online oppure sui libri dei più grandi chef del mondo e guardando innumerevoli programmi di cucina in televisione. Coloro che credono di poter diventare chef in questo modo, vivono di false speranze. Quella dello chef è una figura professionale infatti davvero molto complessa, che necessita che molti diversi elementi si incastrino alla perfezione tra loro, una figura professionale che può nascere davvero e che ha delle speranze di fare carriera solo seguendo un buon corso di formazione. Ovviamente di corsi di formazione nel settore della ristorazione ne esistono a centinaia, ma tra le proposte più interessanti ci sentiamo in dovere di segnalare il corso chefuoriclasse di CEF – Centro Europeo di Formazione.

Questo è un corso eccellente perché non offre ai futuri chef solo la possibilità di scoprire ogni più piccolo segreto delle tecniche della cucina, ma perché garantisce ai futuri chef di comprendere appieno quale sia il loro ruolo in una cucina professionale. Uno chef deve essere in grado di realizzare i piatti secondo la tradizione, ma anche sempre con qualche piccolo accorgimento creativo ed innovativo, propendo nuovi abbinamenti che possano destare interesse negli ospiti del suo ristorante, e deve saper impiattare le sue pietanze al meglio così che sia possibile ottenere un eccellente effetto scenografico. Uno chef deve sapersi anche organizzare al meglio in cucina e deve saper sincronizzare i tempi di cottura in modo impeccabile. Deve però anche saper essere il capo della sua brigata, sapendo quindi sempre come approcciarsi al meglio con il personale della cucina ma anche con il personale di sala. Inoltre uno chef deve saper gestire anche le pratiche amministrative e burocratiche della propria cucina, deve saper gestire i soldi a disposizione, deve avere un’infarinatura di marketing così da poter fare pubblicità al meglio al suo locale e ai suoi piatti, deve saper organizzare eventi e tenere la contabilità. Certo, un giorno forse potrà anche delegare alcune di queste attività ad altri, ma solo se le conosce bene, in modo intenso, ha la possibilità di poter avere una carriera fertile, in ascesa, una carriera davvero carica di soddisfazioni. E il corso del Centro Europeo di Formazione consente di ottenere tutto questo, un corso insomma davvero completo.

Il corso chefuoriclasse di CEF è eccellente anche perché si tratta di un corso a distanza. Questo significa che il corso può essere seguito senza alcuna difficoltà anche da coloro che vanno ancora a scuola o da coloro che hanno un lavoretto part time e significa soprattutto che ognuno può studiare dal luogo che più preferisce, seguendo il proprio ritmo personale, con la possibilità insomma di dare sempre il massimo ed essere sempre concentrato. Ovviamente il corso prevede un’assistenza continua da parte del docente, così da poter fugare ogni dubbio e da poter affrontare le verifiche sempre al meglio. Inoltre il corso offre un apprendimento molto social, con la possibilità online di scambiare idee ed opinioni con gli altri corsisti e di dare il via a veri e propri dibattiti, perché alla fine solo attraverso lo scambio e la condivisione è possibile crescere, sia come figure professionali che come persone.

Masciarelli e la valorizzazione dei vini abruzzesi

Quando si tratta di vini abruzzesi, forse i più esperti vi indicheranno sempre quelli prodotti dai vini abruzzesi di Masciarelli, da molto tempo ormai sinonimo di qualità e bontà perché si sente la passione e l’impegno che tale azienda mette nella produzione di queste bevande. Sapori intensi e colori vivaci, che se avete il piacere di assaporare potete comodamente acquistare su www.tannico.it.

I monti e il mare

L’Abruzzo è una regione molto particolare: il suo entroterra è molto montuoso, fatto praticamente solo di montagne anche piuttosto alte e colline, ma al contempo affaccia sull’Adriatico, presentando un lungo e frastagliato litorale. Questa regione, posizionata geograficamente al Centro dell’Italia ma legata storicamente e culturalmente al Sud, è quindi molto interessante e tutte queste variazioni di paesaggio fanno sì che ci siano variazioni anche dal punto di vista enologico.

Differenze date da variazioni climatiche. Sulla costa abbiamo i tipici climi costieri mediterranei, che rimangono miti e ventilati anche in inverno. Ma basta percorrere pochi chilometri e giungere nell’entroterra per avere temperature freddissime in inverno, i climi tipici dell’appennino. Ma la cosa davvero straordinaria è che, nonostante questi climi, la maggior parte della produzione dei vini abruzzesi avviene sui colli dell’appennino, quelli che precedono le montagne (si parla del 90%) e il resto viene fatto direttamente sugli appennini.

L’Abruzzo è quindi costernato di vitigni autoctoni, per cui tra i vini bianchi i più coltivati sono il Trebbiano d’Abruzzo, il Pecorino, la Passerina, il Montonico. Tra i rossi abbiamo invece il Sangiovese e il Montepulciano, che in questa regione esprimono tutto il loro potenziale. Tutto questo, però, va assaggiato e bevuto con la certezza della qualità assoluta e nella regione abruzzese se si cerca qualità, l’azienda cui rivolgersi è la Masciarelli.

Masciarelli Tenute Agricole

La Masciarelli Tenute Agricole venne fondata nel 1981 a San Martino sulla Marruccina (Chieti), in luoghi ricchi di cultura e storia. L’attuale capo, ancora parte della famiglia Masciarelli, è Giuseppe che dimostra ancora quella passione e quell’impegno tipici dei suoi predecessori, rimanendo legato al vino e alla sua amata terra abruzzese. Giuseppe porta avanti la ditta cercando innovazione tecnologica nella produzione, ma questo per lui non significa per forza rinunciare alla tadizione e, soprattutto, non significa andare contro l’ambiente. Linea di punta odierna è la Marina Cvetic che è frutto di una collaborazione tra il Masciarelli e sua moglie che, appunto, si chiama Marina.

Tutto però nasce a Gianni Masciarelli, fondatore dell’azienda, che dal suo nonno da parte di madre Umberto eredita l’amore per le vigne e per il vino, e fin da un’età molto giovane inizia progetti ed esperimenti con l’uva, avendo come scopo la valorizzazione dell’Abruzzo e dei suoi vini, portandoli però allo stesso tempo al di fuori dei confini italiani.

Portare a termine questo scopo per Gianni significava solo una cosa:
innovare continuamente. E non a caso fu proprio la ditta Masciarelli Tenute Agricole a portare per la prima volta in Abruzzo il sistema Guyot per l’allevamento e anche l’utilizzo delle botti di rovere francese per rendere più fini e pregiati il Montepulciano e il Trebbiano.

Gianni Masciarelli aveva solamente vent’anni quando operò la sua prima vendemmia estiva di Champagne, che segnerà definitivamente la sua strada e lo porterà, nell’Ottantuno, a fondare la ditta omonima che inizia la sua vita producendo proprio Trebbiano e Montepulciano. Il successo fu praticamente immediato, al punto che già due anni topo – nel 1983 – si producono oltre 9000 bottiglie, un traguardo davvero impressionante.

È del 1984, poi, il Villa Gemma Rosso: si tratta di un particolare Montepulciano che Gianni ottiene con l’uva San Martino e capisce che quello è il nuovo modo di fare vino e che, è il suo stile, il suo marchio di fabbrica. Inoltre, sempre al fine di valorizzare l’Abruzzo, sceglie i vigneti più vecchi e meno produttivi per rilanciarli, definendo quindi le sue due cantine: quella di cemento (la fabbrica) e quella del cielo, la vigna.

 

Come ottenere la carta verde per fare il cuoco negli Stati Uniti

Come ottenere la carta verde per fare il cuoco negli Stati Uniti

La cucina italiana è notoriamente apprezzata nel mondo e in particolar modo negli Stati Uniti si è assistito negli ultimi anni ad un incremento delle richieste di chef e cuochi italiani nei ristoranti stellati statunitensi. Complici di questo boom sono le trasmissioni dedicate alla cucina che hanno contribuito anche ad incrementare in Italia le iscrizioni alle scuole di cucina. Gli sbocchi professionali sono diversi e gli chef più o meno affermati decidono sempre più spesso di portare le proprie competenze all’estero. Gli Stati Uniti sono la destinazione prediletta da cuochi e pasticceri i quali però per poter lavorare necessitano della carta verde per gli USA.

Fare il cuoco negli USA attraverso i corsi di formazione

Chef stellati e di fama internazionale possono entrare negli USA e ottenere la carta verde tramite il permesso di lavoro speciale EB-1 Priority Workers; ma ci sono opportunità da non perdere di lavorare in USA partecipando a selezioni in ambito di Internship e tirocini retribuiti in ristoranti americani prestigiosi. Una di queste selezioni è promossa da Michael Mina – executive chef e uno dei giudici del noto programma Hell’s Kitchen. La selezione è rivolta a giovani di età compresa tra 21 e 35 anni con esperienza nel settore e con buone conoscenze di inglese parlato. La durata del tirocinio è di un anno e le prospettive future sono quelle di entrare nelle brigate di cucina dei locali più prestigiosi di San Francisco, Los Angeles e Boston.

Tutte le esperienze lavorative e culturali offerte dal Dipartimento di Stato Americano necessitano della compilazione della documentazione necessaria per l’ingresso negli Stati Uniti. Il modulo specifico da presentare è la richiesta del visto J-1 e le candidature in inglese si presentano in lingua inglese. È possibile richiedere un supporto nel seguire l’iter burocratico a studi legali specializzati come lo Studio Legale Carlo Castaldi.

Come si accede ai programmi di tirocinio per cuochi negli USA e requisiti

Il Dipartimento di Stato statunitense offre periodicamente delle possibilità di tirocinio per giovani professionisti stranieri offrendo un’opportunità di trascorrere da 6 a 12 mesi in America per specializzarsi in hotel o ristoranti di lusso. I programmi di tirocinio sono anche un’opportunità per migliorare l’inglese, conoscere la cultura americana e migliorare le tecniche apprendendo le metodologie di lavoro statunitensi. Generalmente le posizioni richieste sono:

  • In cucina: demi chef de partie, chef de partie e pasticceri;

  • In sala: addetti all’accoglienza, camerieri;

  • Al bar: barman/barmaid, bar tender;

  • Alla cassa: addetti alle prenotazioni, front desk, servizio clienti.

I requisiti richiesti per accedere ai programmi di tirocinio per addetti alla ristorazione e alberghiero in USA sono:

  • Età compresa tra 18 e 35 anni;

  • Visto J1;

  • Passaporto valido;

  • Parlare un buon inglese.

Per ottenere il visto J1 è necessario rientrare in una delle seguenti situazioni:

  • Essere uno studente “alberghiero”;

  • Laurea in alberghiero da almeno un anno;

  • Laurea in alberghiero da più di un anno + un anno di esperienza di lavoro nella posizione richiesta per il tirocinio (con conseguente produzione del certificato di lavoro);

  • 5 anni di esperienza nella posizione di lavoro richiesta (e relativo certificato di lavoro).

In quanto residenti negli USA da 6 a 12 mesi consecutivi si è tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi negli USA a fine programma, almeno ché non vi siano accordi bilaterali volti a evitare  la doppia dichiarazione o doppia imposizione fiscale.

L’uso del miele in cucina

L’uso del miele in cucina

Il miele è un prodotto vivo, con le sue molteplici sfumature di gusto e di colore, aroma e sapore si può utilizzare  in cucina nei suoi utilizzi più classici (nel the, nelle tisane, nelle latte o nello yogurt, spalmato sul pane) come in quelli più insoliti o ricercati; una grande differenza nelle applicazioni del miele in cucina sta nell’uso di miele artigianale che, però, deve essere accuratamente scelto acquistandolo presso rivenditori di fiducia o in negozi specializzati come Rifugio Delizia.

I molteplici usi del miele in cucina

Fin dall’antichità, il miele era utilizzato in cucina come conservante, grazie alle sue proprietà antimicrobiche e all’alta concentrazione zuccherina che uccide i batteri per disidratazione attraverso l’attività osmotica. A testimonianza di ciò, il gastronomo romano Apicio (I secolo d.C.) ne consigliava l’uso per conservare in immersione diversi tipi di frutta e anche la carne; in realtà il miele può essere usato come antiossidante per trattare frutta e verdura che tende ad ossidarsi o scurirsi come mele o carciofi. Il miele ha lo stesso effetto del limone utilizzato per “inibire” l’ossidazione di frutti e verdure, ma a differenza del limone, l’impatto aromatico del miele è meno invadente, lasciando solo un leggero retrogusto di dolce. Per lo stesso motivo, è possibile utilizzare il miele come marinatura di pesci e carni crude a sostituzione del limone o dell’aceto. Grazie allo chef Claudio Pregl, si sono scoperte le proprietà del miele come stabilizzante di emulsioni: l’emulsione di miele e olio di oliva  non necessita di additivi nel processo di trasformazione e non si “smonta” mantenendo la consistenza desiderata per mesi (a questo scopo sono consigliati i mieli cremosi e di struttura cristallina).

Un uso più noto e diffuso del miele in cucina è con i prodotti da forno che sono resi più fragranti e soffici grazie all’igroscopicità del miele, ossia la capacità di assorbire e trattenere l’umidità: si può sostituire lo zucchero con il miele in molte ricette di prodotti da forno, come i biscotti, ricordandosi che il miele è più dolce dello zucchero per cui – a parità di peso – occorre ridurre del 20% le altri componenti liquide della ricetta (burro fuso o latte). Il miele nei prodotti da forno conferisce sofficità, fragranza, aroma, colore e soprattutto aiuta la lievitazione, in quanto ne costituisce nutrimento. Si può utilizzare il miele anche per preparare gelati, tenendo presente che per gelificare, il miele necessita di temperature più basse e di più tempo rispetto alle preparazioni con lo zucchero.

Un miele per ogni preparazione

In base al fiore e al nettare estratto dalle api, il miele cambia sapore, colore e consistenza e per questo può essere utilizzato in diverse preparazioni, sia dolci che salate:

  • Per addolcire bevande e infusi: è l’uso più classico del miele, i cui gusti più appropriati sono il miele di acacia, tiglio e arancio;

  • Per biscotti e semifreddi: si consiglia l’impiego di miele di acacia o arancio;

  • Per insaporire piatti salati e agrodolce: per la carne o il pesce, gli chef consigliano di utilizzare il miele di timo o di eucalipto;

  • Per glassature: il miele di castagno è ideale per glassare le cipolline e in abbinamento con i formaggi.

Infine, c’è una varietà di mieli che merita di essere scoperta e testata in cucina come il miele di lavanda, tarassaco, trifoglio, girasole, cardo, coriandolo, corbezzolo, melo e sulla.

Cena romantica a Roma

Cena romantica a Roma

Bisogna ammettere che l’idea di una cena romantica appartiene all’immaginario di molte donne, la prospettiva di sé con l’uomo del momento o della vita in un ristorante che pensiamo esista solo nei film è sicuramente allettante.
Roma è una di quelle città in cui è possibile realizzare questo desiderio, con i suoi Boutique Hotel come l’Hotel Teatro Pace e i suoi locali più o meno particolari dal punto di vista estetico e culinario.

Ristoranti a Roma Nord

Secondo il popolo del web ‘’Lo Zodiaco’’ è uno di quei posti dove bisogna andare assolutamente  a Roma, soprattutto se si ha in mente una serata romantica. È infatti mozzafiato l’idea di dominare la capitale con il proprio sguardo che si troverebbe ad un’altezza di 140 metri, permettendo di visualizzare dal centro storico ai Castelli Romani: un vero e proprio sogno ad occhi aperti.
Qui è possibile gustare deliziosi cocktail nonché alcune delle migliori pietanze della cucina romana e di quella italiana in generale, come la classica pizza ‘’romana’’ cotta a legna e, incredibilmente, senza dover rinunciare a i piatti della cucina internazionale; insomma qui tutti possono trovare qualcosa da gustare che sia all’altezza del panorama offerto.
Una particolarità del ristorante, che deriva direttamente dal nome, è quella di proporre dei menù personalizzati sulla base del proprio segno zodiacale, calcolando così anche l’affinità di coppia.
Un altro ristorante da non sottovalutare è il Tete à tete che si trova non lontano da Corso Francia. L’intero luogo è pensato ed organizzato per rendere le serate speciali e anche se sembrerà incredibile riceve solo due persone ogni sera e su prenotazione, mettendo al loro servizio tutto ciò che desiderano all’insegna dello charme e della privacy.

Ristoranti a Roma Centro

Se invece siete appassionati di cucina cinese non potrete sottovalutare il Green T. Il locale è concepito su quattro livelli disposti secondo la spirale di una tazza di tè fumante; l’atmosfera è quella tipica di un’accogliente abitazione cinese e comprende anche un giardino.
La cucina orientale è davvero particolare ma una menzione speciale va fatta alla Maestra del Tè che conduce gli ospiti nel mondo di questa bevanda con degustazioni uniche.
Tuttavia non può non menzionarsi il classico dei classici: l’Osteria Margutta, nel cuore del centro storico, si trova infatti praticamente a due passi a Piazza di Spagna.
L’interno del locale ricorda un vecchio teatro con i suoi elementi costitutivi: un palcoscenico, una platea, paralumi rossi e musica jazz di sottofondo e la tradizione culinaria romana a tavola.

3 errori da non fare quando si cuoce un dolce in forno

3 errori da non fare quando si cuoce un dolce in forno

Preparare un dolce può essere faticoso e difficile, ma cuocerlo forse anche di più. Questo perché la pasticceria è una vera scienza che richiede studio e una serie di accortezze. Il rischio è sempre quello di preparare dolci sbagliati, poco cotti e soprattutto davvero poco morbidi. Chiunque prepari ogni giorno dolci a domicilio lo sa benissimo: i forni non sono tutti uguali ma le regole di cottura praticamente sì. Ecco alcune per evitare di sbagliare.

1. Mai aprire il forno durante la cottura

Quando iniziate a cuocere un dolce abbiate cura di non aprire mai il forno durante il tempo di cottura. Questo perché lo sbalzo termico tra la temperatura bollente del forno e quella fredda dell’aria esterna potrebbe afflosciare il vostro dolce e renderlo irrimediabilmente più brutto. Cercate di aspettare almeno ¾ del tempo, e lasciatevi gli ultimi 10 minuti per un eventuale controllo del dolce. Attenzione: quando posizionate il vostro dolce, evitate di metterlo troppo in basso o troppo in alto. Se lo mettete troppo in alto, rischiate di cuocere solo la superficie e di lasciarlo crudo al centro mentre se è troppo in basso potrebbe accadere l’effetto contrario: brucia sotto ma non cuoce sopra. Meglio porlo in posizione centrale, una sorta di via di mezzo che renda la cottura più omogenea.

2. Attenzione alla temperatura

Vi è mai capitato di trovarvi davanti un dolce con una superficie troppo rialzata e ricco di pieghe al centro? Ciò accade quando la temperatura del forno è più alta del previsto: di conseguenza la superficie si cuoce troppo velocemente e si forma quindi una leggera crosta. Per ovviare ciò, provate a controllare in modo preciso la temperatura del forno, magari facendovi aiutare da un termostato che segnali eventuali sbalzi. Così facendo, avrete più possibilità di cuocere il vostro dolce in modo omogeneo.

3. E quando so che è cotto?

Per capire se un dolce è realmente cotto bisogna fare la famigerata prova dello stecchino. Prendete uno stuzzicadenti e inseritelo rigorosamente al centro del vostro composto (questo perché è la parte che ci mette di più a cuocere). Se lo stecchino esce completamente pulito, allora il vostro dolce è finalmente pronto. Se invece sembra che pieno di piccole briciole, dove aspettare ancora un po’. Non fidatevi dell’estetica del vostro dolce: il fatto che all’esterno vi sembra cotto può davvero ingannare. Ecco perché questa prova è importantissima per evitare di servire torte crude proprio al centro.

A cosa servono le cantinette per il vino

A cosa servono le cantinette per il vino

Quando si parla di una cantinetta per il vino si fa riferimento a un frigo particolare il cui compito è quello di garantire una manutenzione corretta e una conservazione adeguata delle bottiglie di vino non solo nelle enoteche ma anche nelle abitazioni private in cui, evidentemente, non c'è spazio per una cantina tradizionale. Si tratta di soluzioni molto importanti, dal momento che una bottiglia conservata in modo non idoneo può compromettere i risultati di una vinificazione accurata: ecco perché è indispensabile essere consapevoli delle principali norme per la conservazione del vino e rispettarle, così da essere certi di non compromettere la qualità delle bottiglie a disposizione, a maggior ragione nel caso in cui il loro prezzo di acquisto sia stato elevato.

Per i consumatori tradizionali, e cioè quelli che sono abituati ad acquistare un numero contenuto di bottiglie nel giro di un mese, poter usufruire di un luogo destinato unicamente alla conservazione del vino può non essere fondamentale, anche perché in genere le bottiglie che si comprano vengono aperte dopo pochi giorni. Diverso è, invece, il caso di chi effettua acquisti in quantitativi molto più consistenti: in una circostanza del genere non si può fare a meno di soluzioni adeguate per fare in modo che le caratteristiche del vino rimangano inalterate.

Ecco perché si rende necessario il ricorso a una cantinetta, che offre la possibilità di rispettare tutti i parametri principali dal punto di vista della conservazione dei vini: e cioè, tra l'altro, il posizionamento delle bottiglie in senso orizzontale, le temperature costanti, l'assenza di luce e la mancanza di sbalzi di umidità. Le escursioni termiche e la luce, infatti, trasmettono energia al vino: e lo stesso accade in presenza di temperature molto elevate. Il risultato è rappresentato da un'aggregazione di polifenoli e di tannini, mentre il tartaro cristallizza: tutte situazioni che rischiano di peggiorare la qualità del vino sia sul piano del profumo che sul piano del gusto.

Lo stesso effetto dinamico sul tappo si potrebbe concretizzare in presenza di condizioni di umidità variabili o di un suo livello eccessivamente basso: il tappo si potrebbe seccare, per poi gonfiarsi di nuovo in occasione di un successivo incremento di umidità. Nel momento in cui ciò dovesse accadere, all'interno della bottiglia non penetrerebbe solo l'aria, ma anche tantissimi batteri. Niente di pericoloso dal punto di vista della salute: il problema è che a questo punto il vino si trasformerebbe a causa dei processi chimici innescati, con una sensibile alterazione della qualità.

EnoArte di Elisabetta Rogai

Nell’occasione della V Edizione di Food&book,  Enoarte di Elisabetta Rogai, Mital e l’Azienda Agricola La Querce hanno voluto raccontare una storia che ha un passato lungo 8 mila anni…….

Una eccezionale performance live dell’artista fiorentina Elisabetta Rogai, che con  la sua esclusiva tecnica di EnoArte, già da anni brevettata su materiali quali tela, jeans e marmo, ha dipinto con il Sangiovese dell’azienda La Querce, interagendo con gli ospiti, una nuova creatura artistica ispirata alla Terra, dal titolo “Oltre le tenebre”.

Il vino-pittura utilizzato è stato un toscano fermentato e conservato in un gigantesco orcio di terracotta di Mital dell’Impruneta, il paese della terracotta, che è stato appositamente collocato in sala per il processo di creazione dell’opera. Un particolare omaggio al “paese dal colore rosso”, dove la storia legata a orci e Brunelleschi affonda le sue radici nel periodo Medievale, ma è stato anche un momento unico e raro per vedere in azione le inesplorate interpolazioni tra arte e vino realizzate dall’originale artista che vive, tramite la sua fervida e virtuosa attività, una perfetta simbiosi con la natura.

Mitale e Azienda Agricola La Querce, un insolito binomio d’arte per Elisabetta Rogai, terracotta e vino toscano de La Querce fermentato e conservato in un orcio di terracotta di Mital dell’Impruneta, il paese della terracotta, il  “paese dal colore rosso”, dove la storia legata agli orci e a Brunelleschi affonda le sue radici nel periodo Medievale,  la “civiltà del cotto“ nata nel XI secolo, che racconta di questo affascinante mondo color rosso brunito, dove vivono ancora grazie alle poche fornaci rimaste, le attività delle famiglie patriarcali di una volta. Terracotta e Vino, la terra toscana, una terra eccellente e di altissima qualità, il Galestro Imprunetino.

Quella del vino fermentato nella terracotta è un mercato di nicchia, ma si riscontra un grande interesse da parte di nomi importanti dell’enologia italiana e mondiale che porta a pensare ad un trend generale in ascesa La terracotta dell’Impruneta ha caratteristiche ideali per la vinificazione e la maturazione del vino, fornisce inoltre un ottimo isolamento termico e quindi ha la capacità preservare il vino da pericolosi sbalzi di temperatura, mentre la sua porosità consente allo stesso di conservare una giusta ossigenazione e tutto ciò, poiché la terracotta è un materiale inerte, avviene senza trasmettere alcun tipo di sapore, cosa che invece non accade quando il vino è conservato nel legno.  Altra caratteristica della terracotta è quella di conservare l’integrità dell’uva, il vino si presenta con un colore rosso porpora intenso, deciso e profondo, il profumo dona sensazioni di confettura di frutti rossi in primo piano accompagnate da note leggermente tostate, speziate e di pepe oltreché un sentore minerale dovuto alla terracotta. In bocca una certa morbidezza è resa vitale da una buona vena di freschezza e tannicità.

E la storia affascinante si è presentata durante la Cena della Legalità, format oramai consolidato dallo Chef calabrese Filippo Cogliandro che della propria arte culinaria ha creato un pretesto per parlare della “sua” terra connessa alla legalità, presso il Grand Hotel Croce di Malta, a Montecatini. L’occasione propizia per “ gustare un territorio” e conoscerlo attraverso i prodotti, i sapori, i profumi ed i colori: nel rispetto delle sue origini e della passione di quello che oramai per Cogliandro è diventato un “rito” tout court.

 

www.elisabettarogai.it

www.laquerce.com

www.terrecottemital.it

 

press: Cristina Vannuzzi

La cucina messicana

Quando si parla di tradizioni culinarie una di quelle più importanti è sicuramente quella messicana, che si caratterizza per i suoi gusti intensi con una particolare predisposizione per  piatti piccanti.

La cucina del Messico offre una grande varietà di pietanze che hanno subito influenze spagnole e caraibica.

Una delle principali caratteristiche della cucina messicana e la velocità di preparazione di alcuni piatti che ne fanno un emblema delle street food.

Ad oggi il cibo messicano è tra i più esportati al mondo e questo accade anche in Italia dove è ben rappresentato da ogni ristorante messicano a Roma.

Piatti tipici della cucina messicana

Una delle principali caratteristiche della cucina messicana è  quella delle salse come ad esempio il guacamole, una particolare salsa con avocado cipolla e lime e l’enchilada fatta con peperoni, pomodoro e peperoncino.

Queste salse vengono usate per accompagnare cibi come le tortillas,un tipico antipasto messicano.

Altri importanti piatti della cucina messicana troviamo il burrito,il nachos e la fajtas e huevo ranceros.

Insalata di quinoa

Questo piatto  viene molto utilizzato da chi mangia fuori casa e contiene al suo interno numerosi ingredienti tipici della cultura culinaria messicana.

In insalata di quinoa messicana possiamo trovare: fagioli neri, mais e avocado e grazie alla nota piccante tipica messicana risulta essere un piatto molto forte al palato  ed inoltre risulta essere un piatto molto nutriente visto che quinoa è ricca di proteine

Chili messicano

Quando si parla di cibo messicano non si può non nominare il chili, sicuramente il piatto più conosciuto della tradizione del paese del centro america.

Il chili è uno stufato di carne, che può essere di maiale  o manzo, a cui vengono aggiunti  dei fagioli neri  con pomodoro e il tipico peperoncino messicano che dona al chili il suo inconfondibile sapore piccante

Fajitas  di manzo

Tra i vari piatti a base di carne troviamo anche le fajitas, delle striscie di carne di manzo che vengono saltate in padella e a cui vengono poi aggiunte varie tipi di verdure come peperoni e cipolla.

Le fajitas vengono avvolte all’interno di una tortilla, la tipica focaccia di mais fatta con la farina di mais e accompagnato dalle tipiche salse messicane come guacamole e enchilada  e  vengono serviti i fagioli neri come contorno.

Burrito

Tra i cibi più buoni della cucina messicana troviamo sicuramente il burrito, una tortilla  grigliata che viene riempita con carne di pollo o maiale a cui vengono aggiunti altri ingredienti tipici della cucina messicana come riso, fagioli e pomodori il tutto accompagnati dalle piccanti salse messicane.

Il burrito presenta molte varianti soprattutto negli Stati Uniti, dove  fa parte della tradizione culinaria del Texas.